lunedì 15 ottobre 2018

Ascesa e caduta di un visionario contemporaneo – Il caso Shyamalan


Ascesa e caduta di un visionario contemporaneo – Il caso Shyamalan
A cura di David Salvaggio


E' proprio vero che gli anni d'oro non sono eterni per nessuno. Un esemplare vivente di tale affermazione è sicuramente il regista M. Night Shyamalan, classe 1970. Quest'ultimo, infatti, vanta una tetralogia di film di tutto rispetto, successi di critica e di pubblico entrati ormai nell'immaginario collettivo. In particolare, chi scrive si riferisce alla parte iniziale della carriera del cineasta indiano naturalizzato statunitense. Nel 1999, infatti, “Il sesto senso” esordisce nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, diventando un vero e proprio cult nel suo genere. Nonostante un budget non proprio miliardario, questo thriller psicologico dalle sfumature horror, anche grazie alla presenza di Bruce Willis e del piccolo Haley Joel Osment, si rivela particolarmente riuscito e riserva un indimenticabile colpo di scena nel finale. Willis viene reclutato anche per il lavoro successivo di Shyamalan, ovvero “Unbreakable – Il predestinato”. Il regista continua ad offrire una scrittura di qualità, dimostra di saperci davvero fare coi colpi di scena e realizza un film tutto da scoprire, pur continuando a non ricorrere a spropositati budget. La stessa formula continua con l'inimitabile “Signs” del 2002. Il regista non si limita soltanto ad offrire un'altro grande intreccio narrativo, affidandosi a colossi come Mel Gibson e Joaquin Phoenix. In questo film, Shyamalan riesce anche a creare un'atmosfera di genere davvero incredibile, scandita da una grande colonna sonora e contornata da un'ambientazione semplicemente perfetta. Arriviamo, infine, al controverso “The Village” del 2004. Chi scrive ritiene questa pellicola l'ultimo lavoro davvero degno di nota del regista in questione. L'atmosfera di un villaggio minacciato da forze oscure e misteriose viene resa abbastanza bene e non manca la caratteristica principale dell'autore: sorprendere lo spettatore con colpi di scena davvero inaspettati. Purtroppo, dal 2006 in poi, Shyamalan cade in un baratro dal quale soltanto adesso, in qualche modo, sembra risollevarsi. Il deludente “Lady in the water” è soltanto l'inizio di una disatrosa caduta che sembra non avere mai fine e che sembra coincidere con un fatto curioso. Di lì a poco, infatti, Shyamalan sarebbe stato notato da Hollywood e avrebbe avuto accesso a budget ritenuti assolutamente impensabili per il suo standard. Ecco che quindi esce “E venne il giorno”, film catastrofico tanto nel suo genere quanto nella scrittura che lo contraddistingue. Successivamente, arriva “L'ultimo dominatore dell'aria”, film fantasy tratto da una serie anime giapponese che rende il regista assolutamente irriconoscibile agli occhi del suo pubblico. E a peggiorare le cose arriva anche “After Earth”, film di fantascienza che, con tutta la buona volontà, chi scrive proprio non riesce a salvarlo. Non perchè il film in questione sia brutto, semplicemente perchè rappresenta ancora una volta la scomparsa dello Shyamalan che tutti conosciamo. Grandi effetti speciali e la presenza di Will Smith e del figlio Jaden non riescono a coprire una trama che poteva essere interessante ma che non riesce davvero ad esserlo. L'incursione nel panorama delle serie tv con “Wayward Pynes” non aiuta affatto e quasi finisce per peggiorare ulteriormente le cose. Tuttavia, sembra che Shyamalan abbia ancora qualche altra freccia da scoccare col suo arco. L'uscita di “The Visit”, nel 2015, segna il ritorno del regista all'utilizzo di bassi budget e sembra che, tra un'inquadratura e l'altra e colpi di scena non proprio scontati, il regista indiano sembra voler fare nuovamente capolino nel modo in cui tutti lo conosciamo. L'uscita del recente “Split”, con uno straordinario James McAvoy, soddisfa per certi versi e non per altri. E l'imminente arrivo di “Glass”, cross-over tra “Split” e “Unbreakable”, lascia assolutamente interdetti. Nell'ormai saturo mercato del cinema sui supereroi, l'operazione del regista indiano mette più timore che altro. Nell'attesa della sua uscita, chi scrivè è assolutamente certo di una cosa: l'incremento del budget offerto da Hollywood ha danneggiato irrimediabilmente l'estro creativo di Shyamalan, capace di scatenarsi affidandosi semplicemente a mezzi più ridotti e a scritture davvero incisive nella loro semplicità.

mercoledì 25 ottobre 2017

La forma della voce - Recensione

LA FORMA DELLA VOCE – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Koe no Katachi
Regia: Naoko Yamada
Nazione: Giappone
Anno: 2016
Durata: 129 min.
Distribuzione: Nexo Digital
Data di uscita(cinema): 24-25 ottobre 2017 (Evento Unico)


L'intenso e bellissimo manga realizzato da Yoshitoki Oima, “A silent voice”, trova la sua trasposizione animata ne “La forma della voce”, approdato in Italia soltanto adesso e ad un anno di distanza dall'uscita ufficiale in Giappone. Il film, diretto dalla regista Naoko Yamada, si rivela un buon adattamento dell'opera originale, nonostante presenti alcuni evidenti difetti. Partiamo dalla trama, che si mantiene abbastanza fedele a quella del manga, composto da sette numeri pubblicati in Italia dalla “Star Comics”. Shoya Ishida è un vivace ragazzino delle elementari che si diverte a tormentare la sua nuova compagna di classe, Shoko Nishimiya, portatrice dell'handicap della sordità. I continui atti di bullismo conducono all'allontanamento definitivo dalla scuola della bambina. Quando i due si incontrano nuovamente alle scuole superiori, Shoya si pente delle sue azioni passate e cerca di rimediare nei confronti di Shoko. Sarà un percorso di redenzione non privo di difficoltà.
Il film, da un punto di vista grafico, si rivela ben realizzato e mantiene lo stesso identico tratto utilizzato per il manga. Inoltre, viene mantenuta una certa fedeltà narrativa nei confronti dell'opera originale e questi due fattori vanno sicuramente a favore del lungometraggio in questione. Tuttavia, il film, proprio come il manga, potrebbe apparire decisamente lento ma i veri problemi sono altri. Mentre nel manga i personaggi e le loro relazioni erano particolarmente trattegiati, qui non si può dire la stessa cosa. L'attenzione viene focalizzata sopratutto sui due protagonisti, mentre gli altri personaggi e i vari rapporti tra di loro non ricevono un adeguato trattamento. A complicare le cose ci sono anche alcuni dettagli spiegati poco e male che permettono di capire appieno la storia soltanto a coloro che hanno letto il manga originale.
In definitiva, il film merita di essere visto perchè tratta dei temi decisamente attuali in un modo tutto suo e basta soltanto la visione di Shoko e del suo approccio al mondo circostante a provocare più di un'emozione nello spettatore. Tuttavia, il consiglio è anche quello di recuperare il manga per avere una visione completa della straordinaria opera di Yoshitoki Oima.
Una visione che la pellicola di Naoko Yamada riesce a dare solo parzialmente.


Il mio voto: 7/10

lunedì 18 luglio 2016

Cell - Recensione

CELL – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Cell
Regia: Tod Williams
Cast: John Cusack, Samuel L. Jackson, Isabelle Fuhrman, Stacy Keach
Nazione: U.S.A.
Anno: 2016
Durata: 98 min.
Distribuzione: Notorious Pictures
Data di uscita (cinema): 13 luglio 2016


I film ispirati ai romanzi del noto scrittore Stephen King sono davvero numerosi. Alcuni sono piuttosto riusciti, altri decisamente meno. “Cell” va ad aggiungersi alla lista ma, purtroppo, rientra nella seconda categoria. Infatti, chi scrive non esita a dire che siamo di fronte ad uno dei peggiori adattamenti cinematografici tratti dalla fervida fantasia dello scrittore statunitense. Trovare qualcosa che funziona è davvero difficile, ed è un peccato perchè, volendo, il materiale per realizzare un film piacevole poteva esserci. Partiamo dalla trama, che segue a grandi linee quella del romanzo. Una misteriosa epidemia, causata presumibilmente dall'uso dei telefoni cellulari, trasforma le persone in creature violente e fuori controllo. Lo scrittore Clay si ritrova a vivere questa realtà e, insieme ad altri sopravvissuti, cerca di salvare la propria famiglia e di fare luce sulla terribile situazione. Nei primi dieci minuti di visione veniamo subito catapultati nel caos e questa scena, probabilmente, è l'unica del film che può salvarsi. Inoltre, si può dire che la pellicola scorra abbastanza bene, supportata anche da una breve durata. Purtroppo, di positivo non c'è altro. La narrazione non riserva colpi di scena degni di nota e, tra l'altro, manca di chiarire alcune questioni decisamente rilevanti. I pochi accenni che vengono dati non vengono sviluppati e si ha l'impressione di assistere ad una pellicola narrativamente monca. La coppia Cusack-Jackson, che aveva funzionato bene in “1408”, non rende come dovrebbe e i due attori sembrano veramente svogliati e fuori forma. Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, tutto si muove sul filo della banalità e le poche informazioni date sui componenti della storia non bastano affatto. La poca azione presente è girata bene ma mostra spesso le sue incertezze e nemmeno la scenografia e gli effetti speciali lasciano gridare al miracolo. Il tutto è condito da un finale assolutamente deludente sotto tutti i punti di vista. In conclusione, “Cell” è un vero e proprio disastro e chi scrive non può fare a meno di sconsigliarvelo. Se siete in cerca di film emozionanti tratti dai romanzi di Stephen King, questo prodotto non fa proprio al caso vostro.


IL MIO VOTO: 4/10

giovedì 23 giugno 2016

The Conjuring - Il caso Enfield - Recensione

THE CONJURING – IL CASO ENFIELD
Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: The Conjuring 2: The Enfield Poltergeist
Regia: James Wan
Cast: Patrick Wilson, Vera Farmiga, Frances O'Connor, Franka Potente, Simon McBurney
Nazione: U.S.A.
Anno: 2016
Durata: 133 min.
Distribuzione: Warner Bros
Data di uscita (cinema): 23 giugno 2016


Nel panorama horror contemporaneo si è ormai reso noto un nome. Quello di James Wan. Regista del primo capitolo di “Saw L'Enigmista”, di film come “Dead Silence” e della fortunata serie di “Insidious”, il cineasta malese dimostra ancora una volta di saperci fare con il genere che lo ha consacrato. Dopo “L'Evocazione – The Conjuring” del 2013, approda nelle sale il sequel, dal titolo “The Conjuring – Il caso Enfield”. C'è poco da dire. Questo secondo capitolo non ha proprio nulla da invidiare al predecessore e mantiene la sua stessa, identica qualità sotto tutti i punti di vista. Partiamo dalla trama, ispirata ad una storia vera. Ritroviamo i coniugi Ed e Lorraine Warren, nuovamente alle prese con una famiglia tormentata da presenze non proprio ortodosse. Mentre il caso diventa sempre più pericoloso, una nuova minaccia si fa strada nella mente di Lorraine: una spaventosa profezia di morte per suo marito. A rendere il prodotto meritevole non è tanto la sinossi, pressoché simile a quella del primo capitolo, anche se con qualche colpo di scena in più. L'efficacia del film è da ritrovare nella creazione delle atmosfere, nelle azzeccate scelte registiche e nella decisione di lasciare totalmente da parte l'elemento del sangue. Quest'ultimo è, infatti, totalmente assente ma, nonostante tutto, il film riesce nel suo intento. Quello di inquietare ponendo la componente orrorifica in un contesto a noi molto vicino, quello del quotidiano. Qualcosa che difficilmente riusciamo a gestire da soli e che, inevitabilmente, si scontra con la ragione. Una ragione che non accetta niente di soprannaturale e che vede in quest'ultimo soltanto un mero pretesto per truffare il prossimo. I protagonisti devono fare i conti anche con questa realtà e non esitano, chiaramente, ad opporsi. Come nel primo film, i coniugi Warren godono di una caratterizzazione abbastanza efficace e vengono mostrati, prima di tutto, come esseri umani. Persone che hanno pagato e pagano tuttora la loro diversità e la loro missione, un compito che non riescono totalmente ad ignorare, per quanto lo desiderino parzialmente, e che li porta ad affrontare orrori e sofferenze sempre maggiori. Il regista riesce anche a procurare qualche spavento dalla poltrona e a tenere viva l'attenzione per le oltre due ore di visione. Sugli altri personaggi, in fase di caratterizzazione, non si possono spendere troppe parole ma tutto il resto del cast offre una prova dignitosa. In definitiva, James Wan colpisce ancora nel segno, proponendo non tanto storie dell'orrore ma esperienze profonde all'interno di esso. Esperienze vissute intensamente, che sono molto più vicine a noi di quanto si possa pensare. Chi scrive non può fare a meno di consigliare tanto il primo quanto questo secondo capitolo. Perchè parliamo di film davvero intenzionati a procurare orrore nello spettatore, e non semplici manciate di sangue.


IL MIO VOTO: 7,5/10

mercoledì 1 giugno 2016

Warcraft - L'inizio - Recensione

WARCRAFT – L'INIZIO
Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Warcraft – The Beginning
Regia: Duncan Jones
Cast: Travis Fimmel, Paula Patton, Toby Kebbell, Ben Foster, Dominic Cooper
Nazione: U.S.A.
Anno: 2016
Durata: 123 min.
Distribuzione: Universal Pictures
Data di uscita (cinema): 1 giugno 2016


L'acclamata serie di “Warcraft”, videogioco di strategia ambientato in un universo fantasy sviluppato dalla Blizzard, trova la sua trasposizione cinematografica. Ormai da molto tempo si sapeva dell'arrivo di questo film e, dopo tanta attesa, finalmente ci siamo. La verità è molto semplice. “Warcraft – L'inizio” sorprende in positivo e, nelle mani sapienti di Duncan Jones, si rivela essere il buon film che non ti aspetti. Non è esente da difetti ma, probabilmente, non poteva venir fuori un risultato migliore. Partiamo dalla trama, che ricalca in modo abbastanza fedele la vicenda narrata nel primo gioco della saga, “Warcraft: Orcs and Humans” del 1994. Nel reame di Azeroth si stanno verificando le condizioni per una tremenda guerra tra due fazioni: quella degli orchi, guidati dall'oscuro Gul'Dan, e quella degli umani, governati dal re Llane. Tuttavia, entrambi gli schieramenti hanno delle ombre e non tutto è sotto controllo come sembra. Diciamolo subito. Se vi aspettate l'ennesima accozzaglia di scene d'azione senza senso, vi sbagliate di grosso. Le sequenze più concitate presenti, intanto, sono coerenti e funzionali alla narrazione, che non cala mai d'intensità e riserva anche le sue sorprese. Da un punto di vista grafico e tecnico, inoltre, il film è assolutamente perfetto e niente, assolutamente niente in questo senso, è fuori posto. Il regista di “Moon” e “Source Code”, qui anche sceneggiatore, ha davvero reso onore al videogioco che ha trasposto. Anche perchè il film è davvero l'inizio di una nuova saga, che getta solide ed interessanti prospettive narrative per i capitoli futuri. Il prodotto si avvale anche di una buona colonna sonora e il cast, nonostante offra una performance senza infamia e senza lode, è esteticamente azzeccato. Il film, tuttavia, mostra un punto debole, grave fino ad un certo punto. E chi scrive si riferisce alla caratterizzazione dei personaggi. Di ognuno viene appena accennato qualcosa e, di conseguenza, non si può parlare di un approfondimento davvero curato nei singoli. Ma, per quanto riguarda le fazioni in guerra, il discorso cambia. I giochi di potere e la sfiducia che le parti in causa nutrono a vicenda è resa piuttosto bene e, nonostante qualche dettaglio possa risultare banale in questo senso, la guerra rimane tale. E, senza spoilerare nulla, il finale rispecchia la verità celata dietro ogni conflitto: nessuna fazione, in una guerra, esce veramente vincitrice perchè, per ottenere la vittoria, entrambi gli schieramenti sacrificano sempre qualcosa. In conclusione, chi scrive non può fare altro che consigliare la visione di “Warcraft – L'inizio”, che si presenta come una sorpresa estremamente gradita, che getta le premesse per una nuova epopea fantasy, tutta da scoprire.


IL MIO VOTO: 7,5/10

venerdì 27 maggio 2016

X-Men: Apocalisse - Recensione

X-MEN: APOCALISSE – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: X-Men: Apocalypse
Regia: Bryan Singer
Cast: James McAvoy, Michael Fassbender, Sophie Turner, Nicholas Hoult, Jennifer Lawrence, Oscar Isaac, Rose Byrne, Tye Sheridan
Nazione: U.S.A.
Anno: 2016
Durata: 143 min.
Distribuzione: 20th Century Fox
Data di uscita (cinema): 18 maggio 2016


La fortunata saga degli X-Men giunge al suo nono lungometraggio. Bryan Singer, dopo aver diretto il buon “Giorni di un futuro passato”, torna in cabina di regia per questo nuovo prodotto. Tuttavia, nonostante “Apocalisse” sia da vedere, non riesce ad eguagliare il predecessore per svariate motivazioni. Partiamo dalla trama. Il primo mutante dell'universo si desta dal suo sonno millenario e, servendosi di alcuni suoi simili, si accinge a distruggere la terra. Il professor Xavier ed i suoi X-Men decidono di contrastarlo ma, tra le linee nemiche, potrebbe esserci qualche vecchia conoscenza. E' necessario dire che l'impianto narrativo è particolarmente debole. Nel senso che la sinossi, piuttosto lineare, si limita a mostrare soltanto l'ennesimo scontro tra bene e male. Inoltre, l'assenza di un personaggio come Wolverine si fa particolarmente sentire; i pochi minuti a lui dedicati non compensano l'intera durata della pellicola. Una pellicola che decolla solo gradualmente e, nonostante scorra abbastanza bene, richiede un minimo di fede per giungere alle parti più significative. Il film incide in modo deciso sul comparto grafico e tecnico, assolutamente ineccepibile e visivamente straordinario. Tuttavia, ad abbondare sono proprio gli effetti speciali mentre, a latitare un po', sono le scene d'azione. Queste ultime, infatti, potevano essere decisamente più numerose e, ad eccezione dello scontro finale, non assistiamo a niente di eccezionale o di particolarmente divertente. Purtroppo, non è finita. “Apocalisse” non vince degnamente sul versante della caratterizzazione dei personaggi. Era un problema prevedibile, vista la mole di mutanti in gioco ma ci si aspettava un lavoro rilevante almeno sui protagonisti. E invece si procede ad accenni e, a volte, si lascia spazio anche alla banalità. Personaggi di punta come Xavier e Magneto (caratterizzati particolarmente bene in “X-Men L'inizio”) non incidono come dovrebbero e la stessa identica cosa si può dire di Mystica e di Jean Grey (quest'ultima con uno spazio piuttosto limitato). Si può rimanere abbastanza soddisfatti della nemesi, piuttosto d'impatto, ma non dei suoi quattro cavalieri, davvero poco rilevanti. Assolutamente fantastica la scena dedicata a Quicksilver, che probabilmente vale da sola il prezzo del biglietto. In conclusione, “Apocalisse” è da vedere ma poteva offrire sicuramente qualcosa in più e, nonostante la regia non sia cambiata, sembra che qualcosa sia andato storto. Non perdetevi la scena dopo i titoli di coda, sembra promettere bene riguardo al futuro dell'uomo d'adamantio.

IL MIO VOTO: 6,5/10


mercoledì 25 maggio 2016

The Boy - Recensione

THE BOY – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: The Boy
Regia: William Brent Bell
Cast: Lauren Cohan, Rupert Evans, Jim Norton, Diana Hardcastle
Nazione: U.S.A.
Anno: 2016
Durata: 97 min.
Distribuzione: Eagle Pictures
Data di uscita (cinema): 12 maggio 2016


L'assurdità di alcune situazioni narrative può rivelarsi una maschera di plausibili realtà. E' proprio il caso di “The Boy”, pellicola diretta da William Brent Bell. Il regista di “Stay Alive” firma un horror piacevole, non tra i migliori della contemporaneità ma sicuramente degno di fiducia. Iniziamo dalla trama. La giovane Greta viene assunta come baby sitter per Brahms, il figlio della famiglia Hillshire. La protagonista scopre che il bambino è in realtà una bambola, tanto carina quanto inquietante. E mentre la ragazza prende sottogamba il suo nuovo incarico, iniziano a verificarsi strani eventi nella grande dimora. E Brahms, probabilmente, ne sa qualcosa. A dire la verità, l'incipit assai bizzarro della vicenda non stimola particolarmente la visione e si è tentati di interrompere il tutto per dedicarsi a più interessanti attività; tuttavia, basta leggermente proseguire nella trama per ricevere, gradualmente, piccoli indizi. Tutti quanti conducono al colpo di scena della parte finale, una rivelazione non proprio scontata che rende solide a sufficienza le basi narrative, fragili soltanto in apparenza. Inoltre, nonostante non ci sia niente di rilevante nella messa in scena, il film riesce a procurare anche qualche spavento, punto sicuramente a favore dato il genere. Efficace anche la scenografia, nel complesso. Per quanto riguarda la caratterizzazione, soltanto la protagonista gode di un trattamento di favore. Non siamo di fronte ad un personaggio profondo ma è curioso notare che Greta, per sfuggire ad un orrore passato, decide di aggrapparsi ad un orrore altrettanto superiore per resistere, in un determinato momento della narrazione. Per quanto riguarda il resto dei comprimari, non c'è niente di eclatante da segnalare. In definitiva, “The Boy” è sicuramente da vedere, specialmente per gli appassionati del genere. Non è tra i migliori horror in circolazione ma merita una sufficienza piena, specialmente se riesce a rendere plausibile una sceneggiatura dal discutibile incipit.


IL MIO VOTO: 6,5/10