METROPOLIS – Recensione a cura di David Salvaggio
Regia: Rintarō
Cast (voci): Kei
Kobayashi, Yuka Imoto, Kouki Okada, Tarô Ishida, Kôsei Tomita, Norio Wakamoto,
Norihiro Inoue
Nazione: Giappone
Anno: 2001
Durata: 109
min.
Distribuzione: Sony
Pictures
Disponibile per la vendita in Dvd
Osamu Tezuka è considerato
una leggenda dell’animazione giapponese. Il mitico autore di “Astroboy” e di
moltissime altre opere di successo si è spento il 9 febbraio del 1989,
lasciando un vuoto incolmabile in Giappone. Tuttavia, il suo genio multiforme
continua a fornire soggetti anche dopo la morte. Ispirandosi proprio a un suo
manga, Rintarō dirige nel 2001 “Metropolis” e crea, senza troppi complimenti,
un vero e proprio capolavoro che, nonostante tutto, mantiene dei lontani legami
con l’omonima pellicola di Fritz Lang del 1927. Cominciamo dalla trama, che si
ambienta, appunto, a Metropolis, gigantesca città strutturata su più livelli
dove domina incontrastata la tecnologia. Gli esseri umani e i robot convivono
ma non mancano forti tensioni sociali; la popolazione si sente sempre più
rimpiazzata dalle macchine e questa protesta trova espressione in un gruppo di
rivoltosi che agisce nell’ombra. E’ proprio in questo scenario che arrivano dal
Giappone il detective Shunsaku Ban e suo nipote Kenichi; il loro compito è
trovare ed arrestare il dottor Laughton, accusato di esperimenti e traffici
illegali a livello internazionale. La loro indagine rivelerà le losche
relazioni tra il dottore e il Duca Red, mosso da fini di supremazia sulla città,
e li metterà in contatto con Tima, una ragazza androide creata da Laughton
ignara della propria natura. Ma chi è, in realtà, questa ragazza? Perché il
Duca è cosi’ interessato a lei? E perché Rock, figlio di Red, vuole ucciderla
ad ogni costo? Mentre la costruzione del grattacielo Ziggurat viene ultimata e
il destino della città si fa sempre più incerto, ogni interrogativo, alla fine,
troverà una risposta. Sceneggiato dall’illustre Katsuhiro Ōtomo (autore
dell’acclamato “Akira”), il film scorre a meraviglia e risulta curato
nell’intreccio narrativo e nella caratterizzazione dei personaggi. Il Duca Red,
per mezzo della tecnologia, vuole ottenere il potere e non si fa scrupoli a
raggiungere il proprio obiettivo; suo figlio Rock, nonostante venga trattato
male dal padre, lo ama e fa di tutto per proteggerlo. Crede che il progresso
abbia annebbiato la mente del genitore e pensa che l’unico modo per salvarlo
sia uccidere Tima. Proprio quest’ultima si rivela essere il personaggio più
interessante. Fino alla fine, cerca di negare la propria natura e crede
fermamente di essere umana; la scoperta della verità avrà per lei effetti
devastanti e cambierà il corso degli eventi. Kenichi è un bambino puro di cuore
che, dopo aver conosciuto la ragazza, farà di tutto per salvarla; tuttavia, è
proprio lui, insieme al detective Shunsaku Ban, ad essere un po’ più trascurato
dal punto di vista della caratterizzazione. Per quanto riguarda i temi, sono
molti e se ne potrebbe parlare per ore: il progresso che diventa regresso, il
confine sempre più labile tra uomo e macchina, il desiderio di potere a scapito
dei più deboli e via dicendo. “Metropolis” eccelle anche dal punto di vista
grafico. La computer grafica si fonde con il disegno tradizionale creando
ambienti semplicemente magnifici, ricchi di colori e di tanta atmosfera; il
design dei personaggi può ricordare quello di “Astroboy” (cosi’ come altri echi
narrativi) e risulta caratteristico e particolare. Bellissima anche la colonna
sonora, che mescola pezzi jazz e riuscite melodie d’atmosfera. In conclusione,
“Metropolis” è un capolavoro dell’animazione giapponese assolutamente
imperdibile e curatissimo tanto nella confezione quanto nel contenuto.
IL MIO VOTO: 9/10