IL GRANDE GATSBY – Recensione a cura di David
Salvaggio
Regia: Baz
Luhrmann
Cast: Leonardo
DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Isla Fisher
Nazione: Australia,
U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 136
min.
Distribuzione: Warner
Bros
Data di uscita (cinema): 16 maggio 2013
Disponibile a noleggio e in vendita in Dvd e Blu Ray
Dopo molta pubblicità,
altrettanta attesa e aspettativa, “Il grande Gatsby” di Baz Luhrmann apre il
Festival di Cannes 2013 e debutta nelle sale cinematografiche italiane il 16
maggio. Trattato abbastanza male al festival (nessun applauso dopo la fine
della proiezione), il film, nella sua particolarità, non può fare a meno di
dividere la critica. Tuttavia, non si può definire proprio “terribile” questa
trasposizione moderna del celebre romanzo di Scott Fitzgerald ma non si può
nemmeno gridare al capolavoro. Partiamo con la trama, che, nonostante qualche
differenza, rimane abbastanza fedele all’opera a cui si ispira. Attraverso le
parole di Nick Carraway (interpretato da un discreto Tobey Maguire), si viene
catapultati nella New York degli anni venti, precisamente a Long Island, dove
il narratore si è trasferito; qui fa la conoscenza del misterioso e
affascinante signor Gatsby, il suo vicino di casa, che possiede una gigantesca
villa dove tiene spesso lussuose e travolgenti feste. La maturazione del
rapporto tra i due personaggi ci permette di conoscere meglio Gatsby, che
spera, con tutto sé stesso, di recuperare la sua vecchia storia d’amore,
terminata bruscamente cinque anni prima, con Daisy Buchanan, cugina di Nick
ormai sposatasi con Tom Buchanan; grazie all’aiuto di Nick, che si immerge
lentamente nel clima americano del tempo, Gatsby e Daisy si incontrano e
ricreano l’antica passione di un tempo. Purtroppo, gli eventi prenderanno una
piega inaspettata e Nick assiste, contemporaneamente, alla distruzione
dell’effimero sogno americano e alla tragica conclusione della suddetta storia
d’amore. Questa storia d’amore, per quanto bellissima possa essere nel suo
sviluppo, non è priva di difetti. La scelta del regista di attualizzare l’epoca
degli anni venti con musiche pop e rap è assolutamente improponibile; il
passato è reso affascinante e travolgente proprio perché è passato. Se si cerca
di avvicinarlo al presente o di modellarlo in base a quest’ultimo, non ha senso
ricreare le epoche di un tempo e il fascino del passato viene irrimediabilmente
perso; questo effetto è presente in più momenti del film ed è, a mio parere,
uno dei punti deboli della pellicola. Gli fa da contraltare, tuttavia, una
magniloquente ed esagerata scenografia che si rivela, a parte una piccola
percentuale di stucchevolezza, veramente bellissima e colorata, con largo uso
del digitale. Un altro punto debole è riscontrabile nella prima mezzora del
film, dove non accade sostanzialmente nulla e si viene travolti dall’atmosfera
festaiola dell’epoca, piena di luci e colori, che poteva essere introdotta
sicuramente in minor tempo. Quand’è che il film acquista maggiore spessore narrativo
e visivo, diventando più scorrevole e interessante? Quando DiCaprio e il suo
magnifico Gatsby entrano in scena. L’eccellente performance di DiCaprio è,
infatti, uno dei punti di forza del film e risulta essere il personaggio più
tratteggiato e caratterizzato; Gatsby, sotto una superficie materiale, nasconde
una grande profondità sentimentale e le qualità di un sognatore continuamente
speranzoso per il futuro che lo distinguono dalla massa, dedita solo a
divertirsi e che non ha sostanza. Anche la prova della Mulligan non è da
scartare ed è dignitosa; la
Daisy impersonata dall’attrice, infatti, è una donna che si
lascia trasportare dai propri sentimenti ma che ha paura di portarli fino in
fondo. E’, quindi, perennemente divisa e indecisa sul da farsi quando la
decisione veramente importante si presenta e si rivela (senza andare oltre con
la trama) ben diversa da quanto ci si aspetta. Tratteggiato dignitosamente (ma
non in maniera eccelsa) anche Tom Buchanan, marito di Daisy, individuo
veramente da cestinare; soltanto il personaggio di Maguire viene ridotto a
semplice narratore, caratterizzato poco, che osserva e commenta la vicenda in
ogni sua fase. Avviandoci verso la conclusione, si ha l’impressione, all’uscita
dalla sala, che il regista non abbia colto veramente l’essenza del romanzo di
Fitzgerald e abbia creato una sontuosa e magnifica forma ma non una sostanza
che si possa definire altrettanto tale. In ogni caso, il film è sicuramente da
vedere almeno una volta e raggiunge la sufficienza; non può fare a meno, però,
di generare opinioni e sensazioni contrastanti, varie quanto i messaggi che il
romanzo di Fitzgerald può suggerire.
IL MIO VOTO: 6.5/10