lunedì 30 settembre 2013

Il grande Gatsby - Recensione



IL GRANDE GATSBY – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: The Great Gatsby
Regia: Baz Luhrmann
Cast: Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Isla Fisher  
Nazione: Australia, U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 136 min.
Distribuzione: Warner Bros
Data di uscita (cinema): 16 maggio 2013
Disponibile a noleggio e in vendita in Dvd e Blu Ray

Dopo molta pubblicità, altrettanta attesa e aspettativa, “Il grande Gatsby” di Baz Luhrmann apre il Festival di Cannes 2013 e debutta nelle sale cinematografiche italiane il 16 maggio. Trattato abbastanza male al festival (nessun applauso dopo la fine della proiezione), il film, nella sua particolarità, non può fare a meno di dividere la critica. Tuttavia, non si può definire proprio “terribile” questa trasposizione moderna del celebre romanzo di Scott Fitzgerald ma non si può nemmeno gridare al capolavoro. Partiamo con la trama, che, nonostante qualche differenza, rimane abbastanza fedele all’opera a cui si ispira. Attraverso le parole di Nick Carraway (interpretato da un discreto Tobey Maguire), si viene catapultati nella New York degli anni venti, precisamente a Long Island, dove il narratore si è trasferito; qui fa la conoscenza del misterioso e affascinante signor Gatsby, il suo vicino di casa, che possiede una gigantesca villa dove tiene spesso lussuose e travolgenti feste. La maturazione del rapporto tra i due personaggi ci permette di conoscere meglio Gatsby, che spera, con tutto sé stesso, di recuperare la sua vecchia storia d’amore, terminata bruscamente cinque anni prima, con Daisy Buchanan, cugina di Nick ormai sposatasi con Tom Buchanan; grazie all’aiuto di Nick, che si immerge lentamente nel clima americano del tempo, Gatsby e Daisy si incontrano e ricreano l’antica passione di un tempo. Purtroppo, gli eventi prenderanno una piega inaspettata e Nick assiste, contemporaneamente, alla distruzione dell’effimero sogno americano e alla tragica conclusione della suddetta storia d’amore. Questa storia d’amore, per quanto bellissima possa essere nel suo sviluppo, non è priva di difetti. La scelta del regista di attualizzare l’epoca degli anni venti con musiche pop e rap è assolutamente improponibile; il passato è reso affascinante e travolgente proprio perché è passato. Se si cerca di avvicinarlo al presente o di modellarlo in base a quest’ultimo, non ha senso ricreare le epoche di un tempo e il fascino del passato viene irrimediabilmente perso; questo effetto è presente in più momenti del film ed è, a mio parere, uno dei punti deboli della pellicola. Gli fa da contraltare, tuttavia, una magniloquente ed esagerata scenografia che si rivela, a parte una piccola percentuale di stucchevolezza, veramente bellissima e colorata, con largo uso del digitale. Un altro punto debole è riscontrabile nella prima mezzora del film, dove non accade sostanzialmente nulla e si viene travolti dall’atmosfera festaiola dell’epoca, piena di luci e colori, che poteva essere introdotta sicuramente in minor tempo. Quand’è che il film acquista maggiore spessore narrativo e visivo, diventando più scorrevole e interessante? Quando DiCaprio e il suo magnifico Gatsby entrano in scena. L’eccellente performance di DiCaprio è, infatti, uno dei punti di forza del film e risulta essere il personaggio più tratteggiato e caratterizzato; Gatsby, sotto una superficie materiale, nasconde una grande profondità sentimentale e le qualità di un sognatore continuamente speranzoso per il futuro che lo distinguono dalla massa, dedita solo a divertirsi e che non ha sostanza. Anche la prova della Mulligan non è da scartare ed è dignitosa; la Daisy impersonata dall’attrice, infatti, è una donna che si lascia trasportare dai propri sentimenti ma che ha paura di portarli fino in fondo. E’, quindi, perennemente divisa e indecisa sul da farsi quando la decisione veramente importante si presenta e si rivela (senza andare oltre con la trama) ben diversa da quanto ci si aspetta. Tratteggiato dignitosamente (ma non in maniera eccelsa) anche Tom Buchanan, marito di Daisy, individuo veramente da cestinare; soltanto il personaggio di Maguire viene ridotto a semplice narratore, caratterizzato poco, che osserva e commenta la vicenda in ogni sua fase. Avviandoci verso la conclusione, si ha l’impressione, all’uscita dalla sala, che il regista non abbia colto veramente l’essenza del romanzo di Fitzgerald e abbia creato una sontuosa e magnifica forma ma non una sostanza che si possa definire altrettanto tale. In ogni caso, il film è sicuramente da vedere almeno una volta e raggiunge la sufficienza; non può fare a meno, però, di generare opinioni e sensazioni contrastanti, varie quanto i messaggi che il romanzo di Fitzgerald può suggerire.


IL MIO VOTO: 6.5/10     

martedì 24 settembre 2013

Hitchcock - Recensione



HITCHCOCK – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Hitchcock
Regia: Sacha Gervasi
Cast: Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, Jessica Biel, Toni Collette 
Nazione: U.S.A.
Anno:2012
Durata: 94 min.
Distribuzione: 20th Century Fox
Data di uscita (cinema): 4 aprile 2013
Disponibile a noleggio e in vendita in Dvd e Blu Ray.

Le pellicole dedicate alle personalità più importanti del cinema sono davvero numerose. Negli ultimi tempi, con una strategia intelligente, si sceglie di illustrare periodi specifici del personaggio e non la totalità della sua esistenza. Dopo “Marylin” del 2011, diretto da Simon Curtis e dedicato all’esperienza di Marylin Monroe sul set de “Il principe e la ballerina”, è la volta di “Hitchcock”, pellicola del 2012 diretta da Sacha Gervasi. Ispirandosi al saggio di Stephen Rebello “Come Hitchcock ha realizzato Psycho”, il film illustra la genesi e la realizzazione del film più conosciuto del maestro della suspense. La storia di un progetto difficile e complicato che diventa un’occasione per conoscere meglio l’uomo dietro la cinepresa piuttosto che la sua opera. In un momento di crisi creativa, Alfred Hitchcock trova ispirazione in un curioso romanzo, “Psycho” di Robert Bloch, per realizzare il suo prossimo film; ostacolato da tutti, decide di autofinanziare il progetto mettendosi completamente in gioco e rischiando il tutto per tutto. Con il supporto della moglie Alma Reville e guidato da una ferrea forza di volontà, il regista riuscirà a superare questo difficile periodo di riprese e a consegnare il suo capolavoro alla leggenda. E’ difficile stabilire quanto ci sia di romanzato in questa vicenda ma è sicuro che il lavoro di caratterizzazione svolto sui protagonisti è eccelso, cosi’ come la loro prova attoriale. Il personaggio e il carattere di Hitchcock si mostrano variegati ed estremamente particolari; tra i molti aspetti, si può segnalare l’ossessione per le bionde e Ed Gein, la voglia di tornare alla ribalta e di costruire un nuovo grande film diverso dai precedenti e via dicendo. Tuttavia, è il rapporto con la moglie (interpretata da una strepitosa Helen Mirren) e con le altre persone il punto più interessante. Alfred e Alma, nonostante dormano in letti separati, hanno un bel rapporto e praticano molta ironia tra di loro e, nonostante tutto, si rispettano profondamente e cercano sempre di non essere deludenti l’uno nei confronti dell’altro. Nella scena più bella del film emerge la reale posizione di Alma Reville, che, litigando col marito, si dimostra una donna che ha scelto di stargli sempre vicino e di vivere alla sua ombra, con tutti gli svantaggi che esso comporta. Questo perché Hitchcock, per essere il genio che è, necessita obbligatoriamente dell’appoggio della compagna; la gelosia nei confronti di Whitfield Cook è l’ennesima prova di quest’ultima affermazione. Il resto del cast, di conseguenza, ha uno spazio molto limitato e alcuni, come Jessica Biel, si rivelano vere e proprie comparse; la stessa sorte, nel complesso, tocca anche a Scarlett Johansson nei panni di Janet Leigh e a Danny Huston in quelli di Cook. La sostanza di questi personaggi viene appena suggerita (la prima un’attrice bella e dotata, il secondo una persona meschina con la maschera da uomo perbene) ma non viene descritta accuratamente. Anthony Hopkins e Helen Mirren si rivelano una coppia straordinaria per questo film, ricco di ironia e con una narrazione abbastanza scorrevole. Infine è opportuno segnalare, in alcuni casi, la curiosa messa in scena, dove Hitchcock è fisicamente presente durante alcuni spezzoni della vicenda di Ed Gein come un vero e proprio osservatore. “Hitchcock”, in conclusione, è assolutamente un film da vedere e da analizzare in ogni sua sfumatura narrativa.

IL MIO VOTO: 7.5/10  

sabato 21 settembre 2013

Iron Man 3 - Recensione



IRON MAN 3 – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Iron Man 3
Regia: Shane Black
Cast: Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow, Don Cheadle, Guy Pearce, Rebecca Hall, Ben Kingsley, Paul Bettany, Jon Favreau 
Nazione: U.S.A., Cina
Anno: 2013
Durata: 109 min.
Distribuzione: Walt Disney
Data di uscita (cinema): 24 aprile 2013
Disponibile a noleggio e in vendita in Dvd e Blu Ray

Dopo tanta attesa, arriva, anche nelle sale italiane, il nuovo film sulle avventure di Iron Man. Quello che è il terzo capitolo e che sembrerebbe essere, secondo alcune notizie circolanti, l’ultimo a lui dedicato. Diciamolo subito. Gli amanti del personaggio e dei supereroi Marvel non potranno rimanere delusi da questo film, che mette sul piatto tanta ironia, tanta azione e spettacolarità ai massimi livelli. E’ proprio sul versante tecnico, che comprende azione, effetti speciali, combattimenti ed esplosioni, che la pellicola trova il suo maggiore punto di forza. Tra l’altro, il film scorre molto meglio rispetto al secondo capitolo (troppo pieno di discorsi) e si giunge alla fine senza nemmeno accorgersene. Tutto questo basta a dire che Iron Man 3 è perfetto? Purtroppo, no. Partiamo dalla trama. La vicenda si svolge cronologicamente dopo i fatti avvenuti in “The Avengers”. Tony Stark mantiene la sua personalità da milionario presuntuoso e troppo sicuro di se, amante della teatralità e della spettacolarità, ma è leggermente diverso; soffre di attacchi di panico e, in alcuni momenti del film, si rivela essere sincero come non mai. Tuttavia, queste varianti non concretizzano un’evoluzione e una maturazione del personaggio, che, alla fine, rimane quello che è. Questa critica è dovuta al fatto che una trasformazione di Stark, in precedenza, era stata annunciata da rumours e altre fonti; addirittura, era stato detto che questo terzo capitolo avrebbe seguito le orme di Nolan e della caduta del suo Batman. Quest’ultima affermazione è vera in parte; c’è una bella differenza tra la “caduta” di Stark e quella di Bruce Wayne. In definitiva e alla luce delle cose dette fino ad ora, il personaggio di Stark (e non solo) poteva essere approfondito meglio, cosi’ come il legame che lui ha con la sua armatura, leggermente diversa da un punto di vista estetico (stessa sorte tocca a War Machine). La scena più bella da un punto di vista emotivo, probabilmente, è il momento in cui Stark si trascina dietro l’armatura in pezzi sotto la neve pungente, segno evidente della doppia disfatta. Questo discusso protagonista, tornando alla trama, deve fare i conti, questa volta, con un terribile criminale chiamato il Mandarino, che non esita a sferrare tremendi attacchi terroristici in America. Inoltre, un ulteriore minaccia arriva anche dal passato di Stark e da un misterioso personaggio, trattato ai margini all’inizio della storia, che, con lo scorrere della narrazione, rivelerà la sua identità e i suoi veri intenti. Anche dal punto di vista della trama, non emerge una particolare originalità. La formula del doppio cattivo, anche se sviluppata in modo diverso, era già stata utilizzata nel capitolo precedente e gli antagonisti di questo “Iron Man 3”, alla fine, non lasciano il segno più di tanto (specialmente il Mandarino, che sembra essere un cattivo di classe e si rivela essere altro). Anche agli altri personaggi di contorno viene dato uno spazio limitato; il bambino che aiuta Stark (quasi una sua copia in miniatura), Rhodes e la sua armatura di Iron Patriot (nel film è War Machine ribattezzata, nei fumetti è tutt’altra cosa). L’unica che trova più spazio, anche se nella più completa esagerazione, è Gwyneth Paltrow con la sua Pepper ma, come gli altri personaggi, poteva essere tratteggiata meglio. Nei capitoli precedenti, tra l’altro, gli è riservato ancora meno spazio. Non manca il cameo di Stan Lee. La regia, questa volta, è affidata a Shane Black, che aveva già lavorato con Downey Jr. in “Kiss Kiss Bang Bang” e Jon Favreau, regista dei capitoli precedenti, diventa uno dei tanti personaggi di contorno nel film. Probabilmente, Black confeziona il capitolo migliore della saga ma, dal punto di vista tematico e contenutistico, non riesce a risollevarne le sorti e rimane su un livello piuttosto banale. Per coloro che si accontentano di un intrattenimento senza troppe pretese, state tranquilli: “Iron Man 3” è il film che fa per voi.

IL MIO VOTO: 7/10          

lunedì 16 settembre 2013

Nella Casa - Recensione



NELLA CASA – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Dans la maison
Regia: François Ozon
Cast: Fabrice Luchini, Kristin Scott Thomas, Ernst Umhauer, Emmanuelle Seigner, Denis Menochet  
Nazione: Francia
Anno: 2012
Durata: 101 min.
Distribuzione: Bim
Data di uscita (cinema): 18 aprile 2013
Disponibile a noleggio in Dvd e Blu Ray. Disponibile per la vendita dal 24 ottobre 2013.

La scrittura è un tema tanto interessante quanto affascinante e il cinema, con modalità molto differenti, ha affrontato spesso questo argomento. “Nella casa”, diretto da François Ozon (“Otto donne e un mistero”, “Potiche” ecc.), prende in esame proprio questo tema e, sia per l’impostazione narrativa che per la messa in scena, si rivela un prodotto validissimo e ottimamente strutturato. Affidandosi a un buon cast, viene narrata una storia semplice ma ricca di sfumature e interpretazioni che delude solamente nel finale. Germain, professore di letteratura al liceo, instaura un complesso rapporto con un suo studente, Claude; quest’ultimo, che vuole imparare l’arte della scrittura, scrive e presenta molteplici temi al professore. In essi viene descritto, come una sorta di romanzo a puntate, l’approccio di Claude con Rapha, amico e compagno di classe, e la sua famiglia. Gradualmente, la distinzione tra realtà e finzione si fa sempre più labile e il rapporto allievo-maestro diventa sempre più discutibile. La narrazione si dimostra limitatamente lineare perché, con l’incedere degli eventi, diventa difficile capire se quello che stiamo vedendo è l’effettiva realtà o un approfondito e dettagliato racconto di fantasia; questo dona fascino alla pellicola ma non è l’unica particolarità. In alcune scene, infatti, il narratore e l’ascoltatore sono presenti fisicamente e commentano attivamente gli eventi a cui assistono, creando una messa in scena davvero coraggiosa e esemplare. Nella sceneggiatura, ricca di riferimenti alla letteratura mondiale, ogni personaggio trova una sua identità emotiva ben definita. Il professor Germain, che si sente uno scrittore mancato, si lascia trasportare dalla scrittura di Claude a tal punto da mettere a rischio persino la sua professione e la sua vita privata; inoltre vede nel ragazzo un nuovo e promettente scrittore da plasmare, quello che lui non è riuscito a essere. Claude è un ragazzo manipolatore, a tratti diabolico e, per certi versi, ambiguo; difficilmente, durante lo svolgimento della narrazione, si possono definire con assoluta certezza le sue intenzioni. Kristin Scott Thomas, che interpreta la moglie del professore, si sente leggermente trascurata ma pone sempre attenzione ai temi del ragazzo e alla condotta del marito. Rapha si rivela un ragazzo attaccato alla famiglia non privo di ambiguità; suo padre è tremendamente frustrato dal lavoro e sua madre Esther, bella e affascinante, sembrerebbe una casalinga triste e annoiata. Lo scorrimento della pellicola si mantiene buono, rivelandosi né troppo veloce né troppo lento. L’improbabile finale rappresenta, nonostante tutto, l’unico punto debole del film, che sarebbe dovuto finire qualche minuto prima per ottenere l’inattaccabilità narrativa. In definitiva, “Nella casa” è un prodotto colto da consigliare a tutti che riflette su temi interessanti in modo altrettanto originale.

IL MIO VOTO: 8/10     

venerdì 13 settembre 2013

Escaflowne The Movie - Recensione



ESCAFLOWNE THE MOVIE
Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Escaflowne
Regia: Kazuki Akane
Cast (voci): Maaya Sakamoto, Tomokazu Seki, Jôji Nakata, Mayumi Iizuka, Minami Takayama, Kôji Tsujitani, Shin’ichirô Miki, Ikue Ôtani     
Nazione: Giappone
Anno: 2000
Durata: 95 min.
Distribuzione: Dynit
Disponibile per la vendita in Dvd e Blu Ray

Nel 1996 il panorama di serie televisive anime si arricchisce con l’uscita di un nuovo prodotto di ottima fattura, sia dal punto di vista grafico che contenutistico. Si tratta de “I cieli di Escaflowne”, serie televisiva in 26 episodi che, oltre ad avere grande successo, ridefinisce in modo originale il concetto di “fantasy” in Giappone. Quattro anni dopo, è inevitabile la realizzazione di un lungometraggio cinematografico intitolato “Escaflowne The Movie”, diretto da Kazuki Akane e arrivato in Italia solo nel 2011. Il film, indipendentemente da tutto, si rivela un buon prodotto, ricco d’azione, scorrevole e con un eccellente animazione; tuttavia, è debole nell’impianto narrativo, nei personaggi e soffre tremendamente sia il confronto con la serie che il cambio di formato. Cominciamo dalla trama, che reinventa la storia originale mantenendo alcune somiglianze con quest’ultima. Hitomi Kanzaki, una ragazza cupa e depressa, viene trasportata nel fantastico mondo di Gaia; qui infuria la guerra tra la stirpe dei Draghi Neri e gli Abaharaki. I primi, capitanati da Folken, vogliono conquistare il pianeta; i secondi, dove si trova Van, fratello di Folken, vogliono difenderlo. Sul conflitto incombe la presenza dell’Escaflowne, potentissima e gigantesca creatura desiderata da entrambe le parti, che può portare la salvezza o la distruzione. La pellicola, che raggiunge i 90 minuti circa di visione, ha essenzialmente due punti di forza: il comparto tecnico e le scene d’azione. Infatti, le scenografie, la colorazione e il design dei personaggi è assolutamente inattaccabile; lo stesso vale per le scene d’azione, dettagliate e ad altissimo tasso di spettacolarità. Il tutto è condito da una bellissima colonna sonora realizzata, tra gli altri, dalla abilissima Yoko Kanno (“Cowboy Bepop” ecc.). Il film non convince nella trama, nella caratterizzazione dei personaggi e,  nonostante abbia il pregio di poter essere visto indipendentemente dalla serie, crolla come un castello di carte se paragonato a quest’ultima. Hitomi, Van e Folken, anche se diversi dalla serie, sono quelli più tratteggiati da un punto di vista psicologico. La prima è una ragazza depressa che si sente smarrita e che, successivamente, avrà modo di ricredersi; il secondo è un guerriero solitario in cerca di vendetta; il terzo è uno spietato leader desideroso di distruzione. Tutti gli altri personaggi, che avevano un ruolo capitale nella serie, si riducono a vere e proprie comparse totalmente trascurate, ad eccezione di Dilandau (che mantiene gli stessi caratteri della serie) e di Sora, unico personaggio completamente inventato. Purtroppo c’è un’altra cosa da dire. All’Escaflowne del titolo, nel complesso, viene dato poco spazio; viene nominato molte volte ma le sue apparizioni sono contate durante la narrazione e partecipa attivamente soltanto nella parte finale. In definitiva “Escaflowne The Movie”, guardato come pellicola a sé, raggiunge un’ampia sufficienza, nonostante gli evidenti difetti narrativi; tuttavia, si rivela un esperimento fallito rispetto alla serie televisiva e un prodotto in grado di offrire spettacolo ma niente di più.

IL MIO VOTO: 7/10      

lunedì 9 settembre 2013

Paul - Recensione



PAUL – Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Paul
Regia: Greg Mottola
Cast: Simon Pegg, Nick Frost, Jason Bateman, Sigourney Weaver, Kristen Wiig
Nazione: Gran Bretagna. Francia
Anno: 2011
Durata: 99 min.
Distribuzione: Universal Pictures
Data di uscita (cinema): 1 giugno 2011
Disponibile a noleggio in Dvd e per la vendita in Dvd e Blu Ray.

Il tema degli extraterrestri è stato affrontato moltissime volte al cinema, e con modalità molto differenti tra loro. L’alieno “Paul” del film diretto da Greg Mottola non passa di certo inosservato, non tanto per l’aspetto quanto per la sua irriverente condotta. Se poi, insieme a lui, troviamo il collaudato duo Pegg-Frost sappiamo esattamente cosa aspettarci. Infatti il film, nel suo piccolo, si rivela un prodotto di intrattenimento piacevole e molto divertente. Cominciamo dalla trama, estremamente semplice. Graeme e Clive, due fumettisti nerd di ritorno dal Comic-Con, decidono di visitare le principali località dell’ufologia americana; durante il viaggio, si imbattono in Paul, un curioso alieno in fuga dai servizi segreti che sta cercando di tornare a casa. Dopo lo shock iniziale, i due decidono di aiutarlo. Tra una gag e l’altra, il viaggio, condito da nuovi incontri, continua fino a giungere alla sua conclusione. La storia, che non brilla di certo per originalità narrativa a parte qualche elemento, trova il suo punto di forza proprio nell’alieno protagonista, doppiato da Elio di “Elio e le Storie Tese”; sboccato, furbo e amante dei vizi, si rivela dotato di poteri straordinari e, soprattutto, molto più umano di chiunque altro. Il resto dei personaggi, per quanto divertenti e funzionali alla pellicola, non offre niente di straordinario sul piano emotivo ed è dominato dagli stereotipi. Una menzione, in particolare, merita la sceneggiatura, che omaggia continuamente i più famosi film di fantascienza e azione con frasi, immagini, citazioni e molto altro ancora; trova spazio, tra questi rimandi, persino il catastrofico “Titanic” di James Cameron. La pellicola, supportata anche da una breve durata, scorre abbastanza bene e si giunge, tra una risata e l’altra, agevolmente alla fine. In definitiva, “Paul” è adatto per passare una serata di svago e poco impegnativa ma non è niente di più e, probabilmente, nemmeno gli interessa. Consigliandone la visione, concludo dicendo che, forse, la pellicola avrà un seguito con lo stesso cast.

IL MIO VOTO: 7/10     

giovedì 5 settembre 2013

Piccolo Nemo Avventure nel mondo dei sogni - Recensione



PICCOLO NEMO – AVVENTURE NEL MONDO DEI SOGNI
Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: Little Nemo: Adventures in Slumberland
Regia: Masami Hata, William Hurtz
Cast (voci): Takuma Gōno, Chikao Ōhtsuka, Kōichi Kitamura, Kenji Utsumi, Hiroko Kasahara, Tarō Ishida
Nazione: Giappone
Anno: 1989
Durata: 90 min.
Attualmente non disponibile in dvd. La distribuzione originaria in VHS era della Hemdale Home Video Inc. Pellicola di difficile reperibilità.

Alcune opere cinematografiche, prima dell’uscita, hanno avuto alle spalle enormi problemi di realizzazione. “Piccolo Nemo – Avventure nel mondo dei sogni”, pellicola d’animazione diretta da Masami Hata e William Hurtz, è una di queste. Coprodotta dalla TMS (Tōkyō Movie Shinsha) e dalla americana Hemdale, il film, che era in cantiere da oltre dieci anni, ha avuto un percorso molto travagliato e, nonostante fosse stata finalmente decisa la regia, è passato sotto le mani di illustri disegnatori come Miyazaki e Takahata e di illustri autori come Ray Bradbury. Costato moltissimi soldi (per dare un’idea, circa 35 milioni di dollari all’epoca), la pellicola fu un ingiusto flop al botteghino e, nel 2013, si può quasi affermare che è stata dimenticata ed è di difficile reperibilità. Ispirandosi ai fumetti di Winsor McCay, questo lungometraggio, sceneggiato, tra gli altri, anche da Chris Columbus, è sicuramente migliore di molte altre opere e, pur avendo i suoi difetti, merita una possibilità. La trama vede come protagonista il piccolo Nemo, un curioso e vivace bambino, che viene invitato da Re Morpheus nell’incantevole mondo dei sogni; qui viene nominato principe ereditario del regno e gli viene affidata la custodia di una misteriosa chiave, che non deve mai essere usata. Purtroppo, il bambino, molto ingenuo e plagiato dall’incorreggibile Flip, non resiste alla tentazione e apre la porta proibita; cosi’ facendo, libera una spaventoso incubo che getta il panico nel regno e rapisce il re. Pentito del suo gesto e aiutato da una schiera di curiosi personaggi, Nemo intraprende un pericoloso viaggio verso il Regno dell’Incubo per salvare Morpheus e rimettere le cose a posto. La narrazione, pur essendo molto lineare nel suo scorrimento, ha una particolarità non indifferente; in alcuni tratti, infatti, sogno e realtà si mescolano e, anche se per pochi istanti, si crea una sorta di matrioska narrativa che dona un tocco di fascino alla pellicola. I personaggi, nel complesso, si rivelano molto stereotipati; quello che si salva leggermente è proprio il protagonista, un bambino ingenuo che si rivela molto coraggioso e pronto a rimediare ai danni creati. Il resto dei personaggi, purtroppo, non riesce a lasciare il segno e si presenta come una galleria di quadri già visti. L’eccellenza della pellicola è nel lato grafico. I disegni e i colori sono di altissima fattura e una nota di merito va data alle ambientazioni, totalmente contrapposte a seconda dello scenario. Nel mondo dei sogni prevalgono colori, castelli, divertimenti e molto altro ancora; in quello dell’incubo prevale l’oscurità, l’aridità e la desolazione più totale. Per quanto riguarda la colonna sonora, è evidente il tentativo di emulare la fortunatissima casa Disney nell’inserimento di canzoni che, anche se non cantate dai personaggi, cercano, con un successo relativo, di avvicinarsi ai grandi classici dell’epoca. In conclusione, “Piccolo Nemo” avrebbe meritato più fortuna e gloria e, nonostante tutto, si dimostra una pellicola valida e degna di maggiore attenzione.

IL MIO VOTO: 7.5/10   

Wolverine L'Immortale - Recensione



WOLVERINE L’IMMORTALE
Recensione a cura di David Salvaggio

Titolo originale: The Wolverine
Regia: James Mangold
Cast: Hugh Jackman, Haruhiko Yamanouchi, Tao Okamoto, Rila Fukushima, Hiroyuki Sanada, Svetlana Khodchenkova, Famke Janssen    
Nazione: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 108 min.
Distribuzione: 20th Century Fox
Data di uscita (cinema): 25 luglio 2013
Disponibile a noleggio e in vendita in Dvd e Blu Ray

Wolverine è sicuramente l’X-Men più amato dal grande pubblico, talmente apprezzato che il cinema ha pensato di realizzare pellicole interamente dedicate a lui e alle sue gesta. La prima risale al 2009 e porta il titolo di “X-Men Le origini – Wolverine”, diretta da Gavin Hood, un film d’azione ad alto tasso di spettacolarità che ripercorre la genesi del personaggio; nel 2013 arriva nelle sale di tutto il mondo “Wolverine L’immortale”, secondo film dedicato alle avventure dell’uomo d’adamantio e diretto da James Mangold. Questo nuovo lungometraggio, nonostante raggiunga una piena sufficienza, ripaga in parte le aspettative e da l’impressione che, nel complesso, avrebbe potuto offrire di più allo spettatore. Cominciamo dalla trama, decisamente più curata rispetto al predecessore e contenente un maggiore approfondimento psicologico del protagonista. Dopo la morte di Jean Grey, avvenuta in “X-Men - Conflitto Finale”, Wolverine ha deciso di abbandonare ogni forma di violenza; distrutto dal dolore e tormentato da incubi ricorrenti, conduce una solitaria vita di stenti. Le cose cambiano con l’arrivo di Yukio, che conduce il mutante in Giappone al cospetto di Ichirō Yashida; quest’ultimo, salvato da Wolverine durante lo scoppio della bomba atomica a Nagasaki, vuole ringraziare il suo salvatore prima della morte, ormai imminente. Inoltre, vuole sdebitarsi offrendogli la possibilità di ritornare umano e di condurre una vita normale. L’eroe non fa in tempo a riflettere sulla situazione che gli eventi precipitano. Durante il funerale di Yashida, alcuni sicari della Yakuza cercano di rapire Mariko Yashida, la nipote del defunto, ma senza successo. Proteggere la donna e capire chi sono i veri nemici non si rivelerà affatto facile, specialmente se avviene la perdita dei poteri e l’aumento della vulnerabilità. La narrazione, che riserva qualche sorpresa nell’intreccio, scorre abbastanza bene per tutta la sua durata, anche grazie alle scene d’azione. Queste ultime, tuttavia, non convincono completamente; mentre alcune si rivelano frenetiche e spettacolari (come la scena sul treno o la scena finale), altre sono girate in modo confusionario e si fa fatica a capire cosa sta succedendo. Hugh Jackman rende perfettamente il personaggio da un punto di vista fisico e da un punto di vista emotivo, disegnando uno Wolverine tormentato dai ricordi e leggermente meno ironico del solito. Purtroppo, non si può dire lo stesso degli altri personaggi. I cattivi non sono particolarmente incisivi e la stessa sorte tocca all’affascinante Viper, priva di carisma e piuttosto banale. Anche i personaggi di Yukio e Mariko, per quanto attivamente presenti nel film, risultano trascurati e privi di un degno approfondimento psicologico. La sceneggiatura non offre niente di particolarmente ispirato e lascia molto a desiderare. In conclusione, “Wolverine L’immortale” è sicuramente un film imperdibile per i fan del personaggio ma, all’uscita dalla sala, si rivela meno graffiante rispetto alle aspettative. Aspettando il prossimo film sui mutanti, consiglio di rimanere in sala anche dopo i titoli di coda: potreste perdervi una scena interessante.

IL MIO VOTO: 7/10